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La storia pazzesca degli Zulù: dalle loro mitiche origini a quando presero a calci nel culo gli inglesi

zulu largazulu

Dalla furia di Shaka alle sberle date ai britannici, passando per il periodo buio dell'apartheid, fino a oggi (tutto quello che a scuola non ti hanno mai raccontato sugli Zulù)

All'inizio, i futuri Zulù erano un clan così piccolo che se avessero organizzato una festa, probabilmente si sarebbero presentati in tre, incluso il gatto.

Stavano lì, nel nord di quello che oggi è il KwaZulu-Natal (no, non è la residenza africana di Babbo Natale), in mezzo a una marea di altre tribù Nguni che si squadravano come lottatori di sumo prima di un incontro.

Il capo degli Zulù si chiamava Senzangakona (ma non senza 'na donna, come vedrai, anzi!), un nome che già ti fa capire che la vita non doveva essere una passeggiata.

Ora, 'sto Senzangakona, diciamo che aveva la zip dei pantaloni un po' troppo allegra e, da una "collaborazione" extraconiugale con una tipa di nome Nandi, nacque un pargolo "non esattamente pianificato": il futuro, il leggendario, l'INCAZZATISSIMO Shaka".

Essendo il frutto di un amore, diciamo, "non convenzionale", Shaka e la povera Nandi furono spediti a calci in culo lontano dal villaggio. Un classico.

Trovarono così rifugio presso gli Mthethwa, e lì il giovane Shaka, che non era certo uno da merendine e Pokémon, si trasformò in un guerriero che faceva impallidire i leoni. Uno di quelli che se te lo trovavi davanti, pregavi di avere un cambio di mutande pulite.

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Shaka Zulù: il re che shakerò l'Africa

Quando Senzangakona rimase anche senza più vita, il capo degli Mthethwa, un tizio di nome Dingiswayo – che aveva l'intuito di un broker di Wall Street e aveva capito che Shaka non era un cretino qualunque – lo aiutò a prendersi il comando degli Zulù.

Immagina Dingiswayo come un motivatore ante litteram con un debole per le uniformi militari. Aveva già iniziato a unificare le tribù, creando una specie di "NATO africana" in miniatura. Zulù e Mthethwa divennero soci in affari... di guerra.

Poi, il colpo di scena che non ti aspetti: Dingiswayo viene fatto secco da un re rivale, un certo Zwide del popolo Ndwandwe (sì, i nomi sembrano inventati da uno sceneggiatore sotto peyote).

Che succede poi in questa saga alla Game of Thrones?

Gli Mthethwa e gli Zulù si stringono attorno a Shaka, che viene incoronato RE DEL REGNO ZULÙ!

Ma Shaka, come puoi intuire, non era uno che si accontentava del compitino.

No, lui voleva fare er botto vero! Ridisegnò da zero l'addestramento militare, inventò tattiche di guerriglia che avrebbero fatto arrossire Che Guevara – tipo la famigerata formazione a "corna di bufalo" (immagina due braccia gigantesche che si chiudono sui nemici e li stritolano, tipo Mortal Kombat).

E poi, via! A conquistare tutto quello che gli capitava a tiro. Alcuni storici la chiamano elegantemente "Guerra Civile Zulù"; noi, più terra terra, diciamo che Shaka stava semplicemente "ristrutturando il quartiere" a colpi di lancia e scudo. Creò una nazione cazzutissima, un vero e proprio impero che si estendeva tra i fiumi Tugela e Pongola.

L'espansione degli Zulù, però, scatenò un bordello colossale chiamato Mfecane – che tradotto liberamente significa "schiacciamento" o "grande casino".

Immaginati orde di persone che scappavano terrorizzate dagli Zulù, un esodo biblico che mise sottosopra tutta l'Africa sudorientale.

Gli studiosi ancora oggi si tirano i capelli per capire chi diavolo abbia iniziato: gli Zulù? I bianchi che arrivavano? Una mega rissa tra tribù africane per il controllo del territorio?

Fatto sta che si parla di uno o due milioni di morti. Shaka, insomma, non era andato per il sottile. Era un tipo da "tutto o niente", e spesso era "niente" per i suoi nemici.

Dingane: il traditore, i Voortrekker rompiballe e gli intrighi da soap opera viuuulenta!

Come in ogni tragedia greca che si rispetti (o in ogni puntata di una soap opera sudamericana), Shaka, l'invincibile, fu fatto fuori.

E da chi? Indovina un po'?

Dai suoi carissimi fratellastri, Dingane e Mhlangana. Complimenti per la lealtà familiare!

Dingane si prese il trono e, da bravo paranoico quale era, decise di fare un po' di "pulizie di primavera" in famiglia, sterminando chiunque potesse anche solo sognare di fargli le scarpe.

Sopravvisse solo un altro fratellastro, Mpande, che Dingane, con la lungimiranza di un politico in campagna elettorale, giudicò troppo moscio per essere un pericolo. Grosso errore, amico mio!

Arrivano poi i Voortrekker, 'sti coloni olandesi con la mania dell'espansione, guidati da Piet Retief.

Vanno da Dingane a battere cassa, chiedendo un pezzetto di terra. Dopo un tira e molla degno di un mercatino delle pulci, Dingane dice sì.

"Ah, che bello, pace e amore!" penserai. E INVECE NO!

Durante i festeggiamenti per l'accordo, Dingane, con la sportività di un arbitro corrotto, fa massacrare a tradimento Retief e tutta la sua delegazione.

Non contento, il simpaticone attacca un accampamento Voortrekker (sembra Dune, me ne rendo conto mentre ne scrivo!) e ne fa secchi 500, tra uomini, donne e bambini, in un posticino che oggi, con macabra ironia, si chiama Weenen ("piangere" in olandese).

I Voortrekker sopravvissuti, incazzati come iene a cui hai fregato la carcassa, eleggono un nuovo capo, Andries Pretorius.

E nella celebre Battaglia di Blood River, gli fanno un culo così a Dingane che ancora se lo ricorda.

Dingane, capendo che l'aria si era fatta pesante, dà fuoco al suo palazzo reale e scappa.

Ma all'improvviso, chi rispunta fuori dal nulla?

Proprio lui, Mpande, il fratellastro "deboluccio", che si allea con i Voortrekker, raduna un esercito di 17.000 Zulù e dà la caccia a Dingane fino a quando non lo fa fuori vicino all'attuale confine con lo Swaziland.

Il karma, a volte, è un bastardo con un ottimo tempismo.

Kung Fu Mpande: il re equilibrista (con un gran culo)

Dopo 'sto casino, nel 1839 i Voortrekker fondano la repubblica boera di Natalia e, incredibilmente, vanno d'amore e d'accordo con Mpande.

Sembra l'inizio di una bella favola, ma poi, come al solito, arrivano gli inglesi a rovinare la festa. Conquistano Natalia, sbattono fuori i boeri, e Mpande, da vecchia volpe, riesce a farsi amico pure loro.

Un vero talento diplomatico, o solo un gran culo?

Ovviamente, il sangue non è acqua, e nel 1843 Mpande inizia anche lui le sue "purghe" interne contro chi non la pensava come lui.

Alcuni dissidenti scappano, e lui, per riacchiapparli, arriva a invadere lo Swaziland. Gli inglesi, che non gradivano molto i vicini litigiosi, gli fanno capire con le "buone" (cioè minacciandolo) di tornarsene a casa. E lui, saggiamente, obbedisce.

Nel frattempo, i suoi figli, Cetshwayo e Mbuyazi, iniziano la tradizionale faida familiare per la successione. Vince Cetshwayo, Mbuyazi ci lascia le penne. E così, quando Mpande finalmente muore di vecchiaia (un evento più unico che raro in quella famiglia di squali), Cetshwayo sale al trono nel 1872, pronto a scrivere un altro capitolo sanguinoso.

Cetshwayo e la battaglia di Isandlwana: quando gli Zulù fecero andare di traverso il tè agli inglesi

Ed eccoci al dunque, al momento più atteso: la Guerra Anglo-Zulù!

L'11 dicembre 1878, i britannici, con la loro solita arroganza coloniale, inviano un ultimatum a Cetshwayo che, tradotto dal linguaggio diplomatico, suonava più o meno come: "O fate esattamente quello che vi diciamo noi, brutti selvaggi, o vi radiamo al suolo".

Cetshwayo, che aveva le palle quadrate e non si faceva intimidire facilmente, rispose con un elegantissimo "VEDIAMO CHI ASFALTA CHI, STRONZI!".

E così, a gennaio 1879, scoppia il finimondo.

All'inizio, gli inglesi, con le loro giubbe rosse tutte inamidate e i baffetti impomatati, si aspettavano una scampagnata, una facile vittoria contro dei "nativi" armati di bastoni e sputi.

E qui succede l'INCREDIBILE, l'INASPETTATO, il MIRACOLO DI ISANDLWANA!

Ricordati questo nome, perché è qui che gli Zulù, guidati da una furia ancestrale e dalle tattiche geniali di Shaka, hanno scritto una pagina di storia.

Hanno mostrato al mondo intero che l'onnipotente Impero Britannico, quello su cui "non tramontava mai il sole", poteva prendersi una sveglia così forte da far tremare le fondamenta di Buckingham Palace!

Il 22 gennaio 1879, un'armata di circa 20.000 guerrieri Zulù, sbucando dal nulla come fantasmi vendicativi, piomba sull'accampamento britannico a Isandlwana.

Gli inglesi, presi completamente di sorpresa, non hanno il tempo di organizzarsi, di formare i loro famosi quadrati difensivi. È il caos totale!

Gli Zulù, urlando il loro grido di battaglia "uSuthu!" che faceva gelare il sangue nelle vene, travolgono tutto. Lance corte (le micidiali iklwa), scudi di pelle bovina usati come arieti, una valanga umana inarrestabile.

Circa 1.300-1.500 soldati britannici e truppe coloniali vengono letteralmente spazzati via. Annientati.

È una delle sconfitte più umilianti e devastanti nella storia dell'esercito britannico. Shaka, da qualche parte nell'aldilà, si starà facendo delle grasse, grasse risate, vedendo i suoi insegnamenti messi in pratica con una tale, brutale, efficacia.

Isandlwana fu un cazzotto in pieno volto per la Regina Vittoria e per tutto l'Impero, ma la gioia durò poco.

Alla fine, ovviamente, la potenza di fuoco dell'Impero Britannico ebbe la meglio.

Nella battaglia di Ulundi, l'esercito Zulù fu sconfitto in modo decisivo. Cetshwayo fu catturato, mandato in esilio, e il suo regno fu smembrato in tredici staterelli più piccoli, governati da capi fantoccio (che ovviamente iniziarono subito a litigare tra loro).

Un tentativo di rimettere Cetshwayo su un pezzetto del suo vecchio regno finì male, e morì poco dopo, probabilmente avvelenato. Suo figlio, Dinizulu, ereditò un regno che era l'ombra di sé stesso, tentò qualche colpo di coda con l'aiuto di mercenari boeri (sempre loro in mezzo ai casini!), ma alla fine gli inglesi si presero tutto lo Zululand nel 1887.

Dinizulu? Arrestato e spedito in esilio. Sipario. Che tristezza cosmica.

Dall'apartheid a oggi: un popolo fiero che non molla di un centimetro

Saltiamo un po' di anni e arriviamo all'apartheid, quel periodo buio e merdoso in cui se eri di etnia africana in Sudafrica valevi meno di zero. Il regime segregazionista creò il bantustan di KwaZulu, una specie di "riserva indiana" per Zulù, dichiarando che tutti gli Zulù erano cittadini di KwaZulu ma non del Sudafrica.

Una porcata colossale per frammentare e controllare la popolazione. Milioni di Zulù furono costretti a trasferirsi in questi territori sparsi e spesso poverissimi.

Finalmente, nel 1994, con la caduta dell'apartheid (ALLELUIA!), KwaZulu fu riunita alla provincia di Natal, formando l'attuale provincia di KwaZulu-Natal, e agli Zulù fu finalmente restituita la piena cittadinanza sudafricana.

Oggi, gli Zulù sono il gruppo etnico più numeroso del Sudafrica. Molti vivono ancora in aree rurali, mantenendo vive tradizioni secolari, mentre altri si sono trasferiti nelle città, diventando parte integrante della società moderna sudafricana, con imprenditori, politici e artisti di successo. Sono un popolo fiero, con una storia pazzesca alle spalle, che ha saputo resistere e adattarsi.

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